domenica 10 marzo 2019

Santa Cecilia Bartoli, al Teatro di San Carlo.

Otto marzo, Teatro di San Carlo di Napoli, su un palcoscenico scintillante di strumenti e con il sipario dipinto dal Mancinelli, appare come una Madonna del canto universale Santa Cecilia Bartoli.

Concerto storico, con musiche che vanno da Vivaldi a  Handel, Mozart, Porpora, e poi Garcìa, Rossini e via ancora con i diversi bis concessi ad un pubblico in visibilio, fino alle due clamorose canzoni napoletane interpretate con un sentimento ed un colore partenopeo che ricordava la nostra Gilda Mignonette: "Santa Lucia luntana" e "Munasterio 'e Santa Chiara".

Le lacrime, vere lacrime, sono scorse giù per i mille volti del pubblico, accorso per l'unico evento che Santa Cecilia Bartoli ha concesso nel sud d'Italia.

Possibile che una simile Bellezza musicale non abbia avuto, qui a Napoli, la possibilità di essere vista tramite un grande schermo, in una piazza popolare?
Perché non si è donato alla città, e non solo ai "pochi" fortunati, un Concerto che è patrimonio immenso della cultura musicale mondiale?

Una disattenzione imperdonabile da parte degli organizzatori dell'evento, una frustrazione che abbiamo sentito sulla nostra pelle, pur essendo presenti al concerto.
Le nostre orecchie hanno ascoltato una orchestra "giocosa", Les Musiciens du Prince-Monaco, che ha saputo interagire e respirare con Santa Cecilia ed un Direttore d'Orchestra, Andrès Gabetta, che ha trasformato i tre secoli di musica in precisi stili, evocati con la straordinaria preparazione dei maestri presenti sul palcoscenico, basti ricordare il sublime assolo dell'arpa che precede la preghiera di " assisa ai piè di un salice" dall'Otello di Rossini o alla tromba barocca per il duetto di Steffani o il mandolino che accompagna appunto "Santa Lucia luntana".
Resta vivido in noi la  sorpresa di avere visto il grande tenore John Osborne che duettava con la Santa in un memorabile "Tutto è deserto... Un soave non so che" in un crescendo comico di impressionante padronanza di colorature e agilità rossiniane, che ha pochi eguali al mondo.
Una serata che resterà nella Storia del Teatro di San Carlo e che ha riscaldato i nostri cuori fino all'esplosione finale, che ha visto omaggiare la Santa Cecilia Bartoli in un applauso all'unisono con mani e piedi, in attesa di altri fecondi incontri.










martedì 5 marzo 2019

Un Ballo in Maschera, al Teatro di San Carlo di Napoli.



Un Ballo in Maschera, al Teatro di San Carlo di Napoli.
Donato Renzetti dirige e illumina Verdi, Agostina Smimmero una ( già ) grande rivelazione
 
Non era destino che nel lontano 1856, il Teatro di San Carlo di Napoli potesse avere il grande piacere di rappresentare una delle Opere più  interessanti di Giuseppe Verdi. 
Censure, contrattempi, rimaneggiamenti del  libretto, non davano pace ad un Verdi perseguitato e osteggiato dalle “disapprovazioni” borboniche.
Non ci fu nulla da fare.
Il destino ha voluto che la “prima” si tenesse a Roma, tre anni dopo, al teatro Apollo.
Storia semplice che ricalca un fatto realmente accaduto, ritrasformato dal librettista Antonio Somma. 
Tutto si svolge nella colonia inglese a Boston sul finire del settecento. Il Conte Riccardo ama Amelia, moglie di Renato, segretario dello stesso governatore nonché amico carissimo e fidato.

La serata è trascorsa con un’alternanza crescente di emozioni, Donato Renzetti ha dimostrato ancora una volta di essere tra i migliori direttori d’orchestra d’Opera al mondo, estrinsecando l'agogica verdiana con la mente e con le mani nel fraseggio dei cantanti e negli equilibri sofisticatissimi del bellissimo preludio.
L’orchestra ha dato sfoggio di suoni chiaroscurali in un crescendo del Dramma verdiano che ha nella scena del campo boschivo, vicino al cimitero, una delle pagine più intense di tutta l’Opera, è qui che Renato scopre Amelia che si rivela per salvare lo stesso Renato dai congiurati contro il Conte, è in questo “non luogo” che ha inizio la sorte nefasta prevista da Ulrica al Conte.
Ci ha lasciati abbastanza perplessi la regia di Leo Muscato ripresa da Alessandra De Angelis, scene di tradizione, con quinte strette e colorate e divani lunghissimi, tanto da rendere asfittico anche lo spazio del “campo aperto”, con inserimenti di enormi lastroni in plexiglass che rimarcano lo spazio e i fumi della notte in un enorme acquoso terraneo, con alberi e umani che vi stagliano in sagome oscure.
Un dentro/fuori che non trova coerente percorso con l’impostazione più complessiva della regia.
Anche in questa Opera Verdi fa uso del Coro in maniera Kolossal, cito solo per esempi lo stupendo  “Posa in pace, a' bei sogni ristora” o il bellissimo inno “O figlio d'Inghilterra” o il finale ultimo dell’Opera ”Fervono amori e danze”, il Coro del Teatro di San Carlo diretto da Gea Garatti Ansini, ha dimostrato ricchezza di voci (che meraviglia i bassi!) e attento alle dinamiche solisti/coro,  della complessa struttura musicale e vocale.
Bravi.
Amelia, interpretata da una impaurita(?)Susanna Branchini, mostra alcune difficoltà, pur possedendo uno smalto ed una potenza vocale davvero belli, adatta a cantare ruoli Wagneriani.
Amelia deve assolutamente avere in testa il Verdi belcantistico: filati, scale, agilità di forza, messe di voce.
Ho riascoltato la Caballè nell’aria “Morrò, ma prima in grazia”, e mi sono chiesto se mai potremo riascoltare tali bellezze vocali. Ecco, Susanna Branchini non è adatta a questo ruolo. Tutto qui.

Invece, chi ha convinto pienamente nella difficilissima parte di Ulrica è la sorprendente Agostina Smimmero, basti ricordare “Re dell'abisso, affrettati”. La Smimmero è un mezzosoprano,  erede della bella scuola italiana dei mezzi, come la Casolla o la Simionato.
Bellissima anche l’interpretazione di Oscar di Anna Maria Sarra, anche se la voce appare non molto voluminosa ma comunque perfetta tecnicamente.
Luca Salsi (Renato) e Celso Albelo (Riccardo) hanno cantato molto bene, anche se i loro riferimenti storici ci hanno fatto sognare (Nucci, Pavarotti).
Ricordiamo, Il Conte Horn (Sam), Laurence Meikle, Il Conte Ribbing (Tom) Cristian Saitta, Cristiano, un marinaio (Silvano), Nicola Ebau, un Giudice, Gianluca Sorrentino, un servo di Amelia, Lorenzo Izzo.
Le scene sono di Federica Parolini e i costumi di Silvia Aymonino

Pino De Stasio



Agostina Smimmero