martedì 27 aprile 2010

riflessi

il vetro
specchio riflesso
di manichini fissi
un volto tra le vetrine finte
e i damascati d'oro degli sfondi
le banche vuote e gli allarmi
blindati neon
su quei corsi lunghi
di alberi mozzati
le radici al suolo
torsioni della terra in danza
mi accompagna con capelli rossi
lo sguardo basso che insegue il mio soccorso
una magrezza che in evidenza
dona la grazia
le impronte cave nei giardini
aridi ancora per lo scirocco affanno
la calca dei giacigli
spuntati e secchi
di lato la siepe mora
ed il fogliame tra cartocci stinti
su quel giornale spruzzi
poi la lettura
ritorna il bus
seduto con Omar
le mani unite
a cercar tracce



pino de stasio

22 aprile 201

via gianturco

mattoni come cuscini
l'urina come acqua a via Gianturco
ciotole riverse al suolo ed un corpo profanato
anzi due
all'alba e' stato ritrovato
di un'altro uomo con la tuta addosso
sudario di cotone rosso
le fabbriche tufacee a fischiare vento
i treni custodi dell'amianto
e i cani come coperte calde
e' un terremoto di cento metri almeno
per un'altezza di dieci in su
spazio angusto solo per il caffe'
tanto e' bastato a raschiare terra
un movimento che all'improvviso
sprofonda lungo i bordi della stanza
mura alte non solo a separare


eppure c'era un fiume un tempo
la sorgente ora e' una caverna
limpido come il cielo estivo
e una palude bassa del riposo
e' rimasto pieno nei bicchieri
del vino bianco per socializzare
un pozzo nero non tanto poi profondo
perche' la fogna non irradia piu'
la putrescenza di tutta la citta'



ed un solaio di faggi rinsecchiti
un bosco orrizzontale senza foglie
di Alessandra madre e poi polacca
un sogno con l'amico divertito
mani giunte ora alla rinfusa
quei sassi e il loro ingiusto peso
spigolosi irregolari in abbandono
a schiacciare l'ultimo respiro
troppo leggero per vincere la morte
e farsi seppellire tra le foglie



pino de stasio


napoli 25 aprile 2010

venerdì 9 aprile 2010

tremori

sui monti la pioggia cade ràda
la fibra luminosa della luna
vibra tra le ombre stanche della sera
un grido sotterraneo eco nascosto
di un ragazzo emerge
e auto in fila su una piazza d'armi
e tende
poliammidi tesi
metallici elementi
a scudo a difesa
di una guerra persa
uomini afflitti
che in quelle rughe
dai volti di contadini
arano dolore

pino de stasio




7 aprile 2009

graffiata e' la terra

profonda zolla
enorme altopiano
infossato ed inverso orizzonte
artiglio in cemento di scale
giu' un uomo un bambino
una donna imbiancata di lacrime in calce
non sono soffioni notturni che volano allegri
ma spenti respiri
affanni
sassi innalzano monti
improvvisi squarci di pianto
non piu' case e palazzotti borghesi
o pietre scure in rombi imperfetti
ma alterne stazioni
come da via Crucis
ospedale crollato
stanzoni per terra letti fusi sul suolo impastato
un golgota impresso
in quella immagine sacra
sul comodino lucente alluminio capovolto quadrato
stanotte fortunato riparo
e poi le prigioni
fatte di malta mattoni
senza sbarre di ferro
crateri convessi
depositi stretti di corpi
giacimenti
attese

pino de stasio

lamento della Quaresima ( dalla trilogia dei terremoti )

sabbie disciolte in preziosi sali
corrosivi tarli dei metalli
granuli d’ arenaria rosari della settimana santa
sotto le fondamenta di quelle case inaspettate spiagge
inospitali fosse
buco scantinato dormitoro
di fabbriche nascoste in nero
non corpi al mare a respirare
ma duri cementi con composti argilla
un quarzo un ematite
e gusci di conchiglie trite
nell’obitorio
deposto un corpo
giovane ragazzo sconosciuto ancora
sul nudo acciaio sudario in carbonio e ferro
l'alluce sinistro consegna al mio sguardo basso
un 'etichetta un cartellino
età sesso statura
forse vent'anni con capelli mossi raggrumiti e sangue
il tono della voce perso
e i denti perchè cosi' spezzati
sono radici nere che accoglieranno terra
occhi che con difficolta’
timide dita senza piu' limati smalti
non riescono ad aprire
di che colori sono?



pino de stasio
( per quei morti non ancora riconosciuti)

giovedì 8 aprile 2010

zafferani

rovine in terra
di pietre e sassi
incolori calcarei senza forma
argille rosse
pietosi luoghi d'asfalto e pece
impronte dure
di mani al suolo che con pugni e dita
segnalano la vita
un'arco ribassato
la cupola alla vista vuota
squarciato osservatorio delle stelle
che piu' vicine sembrano fiammelle
in una notte che sobbalza a danza
aride geologie dei tanti inganni
strati di sabbie
crinali aspri
per gli appennini e i mari caraibici
dorsali a spine
rilievi e vento ed erbe e zafferani lilla
sulle pendici che di basalti
sorreggono le tinte


pino de stasio